mercoledì 15 giugno 2011

Lettera - Quando un'abbonata felice incespica sui 'regolamenti nazionali' di Trenitalia

Mi chiamo Agnese Fedeli e ho 30 anni. Vivo a Padova, ma per lavoro mi sposto quasi ogni giorno a Firenze con i treni Alta Velocità Frecciargento. Conosco bene questi treni, perché ormai li uso da più di quattro anni: prima ‘solo’ per amore, da quasi un anno anche per lavoro. Da sempre difendo Trenitalia con tutta la mia convinzione e comprensione, considerando i ritardi o il dover viaggiare talvolta in piedi o seduta sui gradini delle porte, una conseguenza naturale del dover smuovere tanti, tantissimi treni contemporaneamente. E io pago volentieri i 336 euro di abbonamento mensile, perché il servizio è veramente superiore e certi giorni mi sembra ancora favoloso raggiungere Firenze da Padova in un’ora e trentacinque minuti.
L’episodio di oggi (sabato 11.06) però mi ha infastidita, intristita ed fatto arrabbiare moltissimo, forse anche aperto gli occhi sulle logiche del guadagno ‘a prescindere’ e sicuramente tolto la voglia di far parte dell’ambita cerchia dei titolari Carta Oro. Ieri sera (venerdì 10.06), fuori da un ristorante di Padova, mi hanno spaccato il vetro della macchina e rubato lo zaino con dentro tutto: computer, documenti, agenda, chiavi di casa. Nello scompiglio e nella rabbia del momento, ho pensato che la cosa più facile da riavere indietro sarebbe stato l’abbonamento Padova-Firenze, pagato con carta di credito, acquistato al Freccia Club e assolutamente nominale, intestato dunque solo e me. Arrivo al Freccia Club – luogo ‘esclusivo’ deputato all’accoglienza clienti delle Frecce – dando proprio per scontata la facilità dell’operazione e mi viene risposto che neanche con la denuncia fatta dai Carabinieri e comunque in nessun modo si possono rintracciare gli abbonamenti mensili, neanche quelli di una clientela che, finché paga, è definita ‘selezionata’, ma che non appena chiede una tutela particolare per biglietti che costano molto riceve in risposta solo la ripetitiva frase: “Questo è un regolamento nazionale” e niente più. Non una telefonata, non la disponibilità a cercare un superiore, un ufficio diverso o a dire una parola.
In definitiva: un biglietto nominale, comprato in un contesto teoricamente ristretto, pagato con carta di credito e quindi tracciabilissimo, peraltro ben memorizzato nella mia pagina dedicata sul sito di Trenitalia… allo sportello non è rintracciabile, né sostituibile con una certificazione provvisoria come succede invece per la carta d’identità, per la patente di guida e per gli altri documenti. Rispetto le regole e mi dico che ognuna di queste ha dietro di sé storie e compromessi più o meno comprensibili, ma in questo caso quale dovrebbe essere la lezione da imparare? Ho subito un furto, ho la denuncia, sono un’abbonata di lunga data e il pagamento che ho fatto a Trenitalia è facilmente ritrovabile incrociando i miei dati anagrafici e il numero di Carta Oro. Qual è la difficoltà? Quale la regola che non si può infrangere? Quale il motivo per cui, anche con una denuncia e con tutti questi ‘indizi’ validi, non è possibile aiutare una persona a non dover pagare altri 336 euro?

La replica di Trenitalia (dopo la duplicazione dell'abbonamento)

2 commenti:

Francesco ha detto...

Bravissima! Francesco

Francesco ha detto...

ottimo! Fracesco