venerdì 31 marzo 2006

La Pieve diventa un residence turistico

In gran parte crollata è stata acquistata di recente da una società

di Agnese Fedeli

CERTALDO. Dall’abbandono a una nuova vita come residenza turistica. In gran parte crollata la pieve romanica di San Michele Arcangelo a Nebbiano, ospiterà entro un paio d’anni turisti in villeggiatura in Valdelsa. La struttura è stata condonata nel 1985 e portata a civile abitazione.
Il progetto per la ristrutturazione è già stato presentato alla commissione edilizia del Comune dall’impresa edile Rofi e prevede, tra gli altri interventi, anche la suddivisione della ex chiesa in due unità abitative. Secondo le indicazioni dei tecnici, nell’abside dovrebbe esserci realizzato un appartamentino.
Il borgo di Nebbiano è appartenuto fino a qualche tempo fa ai proprietari del castello di Santa Maria Novella che si trova a Marcialla, poco lontano da Nebbiano. Negli anni è prevalso l’abbandono e il degrado. La chiesa non ha più tetto, le travi sono cadute all’interno della navata che, nel tempo, è servita anche come un deposito agricolo. Ci sono stati depositati anche vecchi tini.
Solo dalla facciata si capisce che siamo di fronte a una chiesa. Tra l’altro anche di grande bellezza.
Di recente gli edifici sono stati venduti all’impresa certaldese Rofi. La chiesa è stata già da tempo sconsacrata. Nel 1985 l’immobile beneficiò del condono del governo Craxi: oltre al cambio di destinazione d’uso (da chiesa a civile abitazione) vennero tolti alla pieve romanica i vincoli della Sovrintendenza. Dopo l’acquisto, la Rofi ha presentato agli uffici comunali un piano di restauro completo a scopi turistici. La pieve e il resto degli interventi a Nebbiano coinvolgono quasi 350 metri quadrati.
La Toscana, fin dal 1980, cerca di tutelare i suoi patrimoni artistici con una legge regionale che obbliga i Comuni a tutelare i luoghi di maggiore interesse culturale e storico. La pieve di San Michele Arcangelo a Nebbiano rientra in questa tipologia ed è soggetta a particolari prescrizioni dal Comune di Certaldo. Questo richiede all’impresa Rofi una particolare cautela nel mantenimento e nel recupero della struttura romanica.
L’ufficio tecnico ha il dovere di far rispettare la legge regionale (esattamente la numero 59 del 1980) e per questo ha richiesto alla ditta costruttrice Rofi - ma nel piano di recupero la società che figura come proprietaria si chiama Colle del Sole - una serie di documenti integrativi a quelli già presentati. Per spostare porte e finestre, per esempio, è necessario portare attestazioni storiche di tale posizione; lo stesso vale, più in generale, per tutti gli esterni, che non possono subire demolizioni complete per una nuova costruzione, ma che devono essere mantenute e recuperate a partire dalla struttura già esistente.
Il restauro del complesso deve, poi, mirare a riprendere lo stile originario e a salvaguardare la struttura portante. Alcune idee del progetto, però, stonano con le prescrizioni previste.
Per esempio non si potrà suddividere l’abside della pieve in due unità abitative come è previsto nelle carte presentate.

La chiesa esisteva già nel 1200 era di una famiglia fiorentina

CERTALDO. Il borgo di Nebbiano si trova sulla strada che da Marcialla porta a Certaldo lungo il il torrente Agliena. Le prime attestazioni della chiesa di San Michele Arcangelo si trovano già nel 1200, negli elenchi delle Rationes decimatur Italiae. In epoca cinquecentesca apparteneva alla famiglia fiorentina dei Serragli e nel 1774 costituiva una delle ventuno parrocchie della comunità di Certaldo. La struttura del complesso è stata oggetto, nei secoli, di alcuni interventi di restauro. In maniera più radicale nell’Ottocento, quando il borgo è stato anche ingrandito. In epoca precedente sono stati realizzati, verosimilmente, anche il portale d’ingresso e la finestra arcuata sovrastante il portone. Recentemente la struttura di San Michele Arcangelo è stata lasciata a se stessa: il tetto è crollato del tutto. Dentro vi si trovano vecchi tini, travi, sporcizia.
Accanto alla chiesa c’è la canonica, inserita anch’essa nel piano di recupero e restauro.

Il Tirreno, 31 marzo 2006

martedì 28 marzo 2006

Un cimitero per gli animali

EMPOLI. Un corso sul comportamento degli animali e una proposta choc: aprire un cimitero per i nostri amici a quattro zampe. Le due iniziative arrivano dalla sezione empolese dei Verdi e dall’associazione culturale Mediterr, che ha a cuore le tematiche ambientali. «Ormai sono diffusi anche in Italia i cimiteri per animali» dicono dai Verdi. «Ce ne sono a Prato, Pistoia, ma anche a Bari e in tante altre città. Perché non aprirne uno anche da noi?». Lo spazio da adibire a “pet cemetary” sarebbe quello adiacente al canile. Uno spazio già del Comune attualmente destinato a verde pubblico ma che in futuro potrebbe esser dedicato a mausoleo degli animali che furono. vare entro l’anno. «Questa tematica interessa al 25% della popolazione italiana, ossia il numero di famiglie che possiedono un animale domestico. Per questo non va sottovalutato» ha detto Paolo Lunghi, presidente dell’associazione Mediterr che appoggia la proposta di aprire un cimitero per animali. «La nostra proposta investe la tematica dell’affetto verso gli amici animali, che riguarda sia i bambini che gli anziani - hanno sottolineato Yuri Bolognesi e Calogero Randazzo, dei Verdi - il terreno che abbiamo individuato è quello adiacente al canile. Lì, con un investimento di 50mila euro, si potrebbe ricavare uno spazio adatto a realizzare un cimitero, dove poter seppellire gatti e cani sia in terra che nei forni». Il problema è certamente quello dell’affetto verso i piccoli amici a quattro zampe, ma diventa significativo anche perché riguarda norme igieniche che la gran parte della gente ignora o non rispetta. «Tutti abbiamo seppellito gatti o cani in giardino - prosegue Bolognesi - ma questa è una pratica illegale, che i Comuni non permettono di mantenere e che, anzi, viene multata con sanzioni pari a 1500. E se non vengono seppelliti in giardino, i nostri animali domestici finiscono alla discarica, dove creano assembramenti di vermi che alla fine determinano cedimenti del terreno. Per questo proponiamo di aprire un cimitero: così finalmente ci sarebbe una tutela dell’affetto tra padrone e animale e anche l’igiene e la legalità sarebbero mantenuti intatti». La proposta del “pet cemetary” sarà spiegata in maniera completa anche durante il corso che Verdi e associazione Mediterr hanno organizzato sul rapporto con gli animali, a partecipazione libera e gratuita, fissato per i giorni 29 marzo, 5 aprile e 12 aprile, alle 21,30 in Palazzo Pretorio. Si parlerà rispettivamente di etologia e comunicazione del cane; etologia e comunicazione del gatto; consigli per la corretta gestione del cane e del gatto in famiglia, sviluppo comportamentale del cucciolo e sterilizzazione. Terranno i seminari le dottoresse Daniela Tarricone e Cristina Volpini.
Agnese Fedeli
Il Tirreno, 28 marzo 2006

lunedì 27 marzo 2006

C’è anche Empoli su Wikipedia. L'enciclopedia libera del web dà spazio alla nostra zona. Dal "giro" al mercato alla leggenda di Santa Verdiana

EMPOLI. Le località del Circondario hanno trovato uno spazio su Wikipedia, la più grande enciclopedia del web. Le parole “Empoli”, “Certaldo”; “Vinci”, ma anche “bianco dell’empolese”, “Giovanni Boccaccio” e “Pontormo” hanno avuto la dignità di entrare a far parte di uno dei più diffusi strumenti scientifici-enciclopedici dell’epoca della grande Rete. Wikipedia si trova all’indirizzo www.wikipedia.org.
Cos’è. È un’enorme banca dati che funziona come un motore di ricerca e restituisce all’utente una pagina enciclopedica del tutto o quasi costruita grazie ai contributi degli utenti iscritti. Tendenzialmente tutti possono partecipare alla scrittura dei contenuti su Wikipedia: il contributo è libero e la filosofia dell’enciclopedia del web è il “Wikilove”, ossia la reciproca fiducia tra utenti e curatori del sito sul fatto che i contribuiti siano verificati e non cose false o fittizie.
Le parole del Circondario. L’Empolese Valdelsa è finito su Wikipedia grazie al Progetto Comuni, una delle tante idee di Wikipedia per diffondere cultura e nozioni. Oltre al Progetto Comuni, c’è quello sull’arte e la musica, il progetto sulla diffusione delle citazioni di autori famose e molti altri. Digitando, quindi, i nomi dei comuni si scopre una serie di risorse esplicative. Innanzitutto una tabella con lo stemma comunale, le coordinate geografiche, le frazioni e gli altri comuni vicini. I paragrafi standard che riguardano la storia e la cultura dei comuni sono “territorio”, “storia”, “evoluzione demografica”, “economia”, “cultura”, “personaggi illustri”, “da vedere”, “città gemellate”, “amministrazione comunale” e “collegamenti esterni”. Per esempio, nella pagina riservata a Empoli, c’è un paragrafo sul “giro d’Empoli” che è “la passeggiata cittadina, il luogo degli incontri, dei saluti e degli acquisti, quella che in altre tradizioni è la “vasca”. Si percorre uscendo dalla piazza Farinata degli Uberti dalla parte del canto Pretorio, poi, girando sempre a sinistra, si prosegue per un tratto di via Giuseppe del Papa, poi di via Ridolfi, poi di via del Giglio e infine, dopo la quarta svolta a sinistra, siamo nuovamente in piazza Farinata. Quello nel senso descritto è il giro “degli uomini”, quello “delle donne” è in senso inverso”. Oppure si parla delle attestazioni storiche sul mercato: “la presenza del mercato del giovedì risale già al XI secolo, quando si svolgeva all’ombra dell’olmo che troneggiava al centro della piazza Farinata degli Uberti. Successivamente il luogo è cambiato più volte ma il giorno è rimasto il giovedì”.
Le curiosità. Nelle 145mila pagine italiane di Wikipedia trovano spazio anche argomenti più curiosi. Per esempio, nella sezione dedicata allo sport, una voce è titolata all’Empoli Football Club: le informazioni scritte finora non sono moltissime: data di nascita della squadra, stadio, immagini delle divise ufficiali. Curiosa anche la pagina riservata al bianco dell’empolese, con le proprietà organolettiche del vino, e quella di Santa Verdiana: “Santa Verdiana (o Veridiana) nacque a Castelfiorentino nel 1182. [...] Gli abitanti di Castelfiorentino, per non farla andar via dal paese le costruirono una cella in riva al fiume Elsa vicino ad un oratorio. La Santa rimase reclusa nella celletta per 34 anni. [...]. Nel 1533 Papa Clemente VII la dichiarò Santa”.
Agnese Fedeli
Il Tirreno, 27 marzo 2006

domenica 26 marzo 2006

Arriva il concorso Zone Video: cinquanta cortometraggi da tutta l’Italia. In giuria anche il regista Benvenuti

EMPOLI. «L’insostenibile leggerezza dell’etere» è il tema della quinta edizione di Zone Video, la manifestazione dedicata al cortometraggio organizzata dall’associazione Vidèa in collaborazione con il Comune. Zone Video si tiene mercoledì e giovedì: mercoledì 29 sarà dedicato a un workshop aperto a tutti gli spettatori, mentre giovedì saranno proiettati i cortometraggi finalisti. Nella giuria c’è anche il regista Paolo Benvenuti. Le serate al cinema sono a ingresso gratuito. «Siamo soddisfatti di come è evoluto Zone Video in questi anni - ha detto Marina Rossi, presidente dell’associazione -. Le adesioni al concorso sono in crescita anno dopo anno. Le opere arrivate per questa edizione sono state 50, dalla Toscana e anche da fuori regione». Ha inviato il suo cortometraggio anche l’associazione cinematografica Il Nido del Cuculo di Livorno. Le opere selezionate tra le finaliste sono suddivise in due categorie: sono 19 i cortometraggi della sezione «espresso», da 10 minuti, mentre sono 14 i corti «liofilizzati», di durata inferiore ai 60 secondi. I partecipanti dell’Empolese che hanno superato la prima selezione sono 8: Massimo Gonnelli (Empoli) con l’opera «Etere e non etere»; Cosimo Paolini e Matteo Bensi (Empoli) con «Gli arsenali della violenza»; Marco Ristori con il pulp «Gola»; Nadia Baldi (Vinci) con «The silent strikes back»; Gianni Paci con una video-installazione dal titolo «No clip»; Claudio Carboncini (Capraia) con «Rifiuto» e Fabio Gazzarrini (S. Miniato) con «Le sequenze del libro di rabbia». Lo specifico tema dell’edizione 2005 di Zone Video è «l’insostenibile leggerezza dell’etere» - ossia, la rivoluzione digitale della realtà - ma comunque sono tanti anche i video che non raccontano storie legate all’etere. Quello di Marco Ristori, per esempio. «Gola è la storia di un uomo affamato che non riesce più a mangiare niente - ha detto Ristori - finché non si taglia un dito. Si porta la ferita alla bocca, assaggia il sapore del sangue e finisce per mangiare se stesso». O quello di Fabio Gazzarrini, che vuole essere un omaggio a Pasolini: «Il mio corto - racconta Fabio - è stato girato nella biblioteca di Empoli. Il protagonista è un libro che urla ogni volta che viene aperto: il libro è Pasolini, che per tutta la vita ha alzato la voce contro la società». Il video di Gianni Paci è invece un’installazione sul senso dell’arte, concetto espresso dal critico Restany. Mentre quello di Claudio Carboncini è sulle proteste dei nativi americani.
Agnese Fedeli
Il Tirreno, 26 marzo 2003

Violenze sulle donne oggi il convegno

EMPOLI. La violenza domestica è un fenomeno invisibile che solo in rarissime occasioni le donne riescono a denunciare. Sono ancora tante le donne che sopportano violenza fisica, psicologica, offese linguistiche da quello che dovrebbe essere il loro compagno di vita. A Empoli nel 2003, all’interno della Pubblica Assistenza, è nato il centro d’ascolto Lylit rivolto proprio alla lotta contro la violenza domestica. Il gruppo ha organizzato per stamani il convegno dal titolo “Se una donna subisce violenza”: un momento di bilancio sull’attività svolta finora dal centro d’ascolto, ma anche un dibattito per capire i motivi per cui esiste ancora violenza fisica e psicologica contro le donne. «Raramente le donne si aprono e parlano di questi problemi - spiega Eleonora Gallerini della Pubblica Assistenza e del centro d’ascolto Lylit - In tanti casi le donne dipendono ancora completamente dai loro mariti: a livello sociale, a livello finanziario e alcune di loro arrivano anche a giustificare gli atti di violenza che si verificano in casa. Il nostro centro d’ascolto è un primo gradino per lottare contro la violenza. Spesso succede che i poliziotti spiegano alle donne che esiste questo centro d’ascolto e, prima di sporgere denuncia, preferiscono parlare con noi». Alcuni casi di violenza domestica hanno riguardato in questi anni le donne immigrate che magari hanno trovato un uomo italiano che inizialmente le amava e le rispettava e che in un secondo momento ha dettato la legge del più forte. Emblematico il caso di una giovane donna sudamericana senza lavoro, sostenuta dal centro d’ascolto della Pubblica Assistenza, al quale il compagno, dopo averla maltrattata e picchiata, ha deciso improvvisamente di portar via il bambino e scappare. Quello che si tiene dalle 9 alle 13 in Palazzo Pretorio in piazza Farinata, è il primo convegno che tratta della violenza domestica nell’Empolese Valdelsa. Aprono il dibattito gli interventi del sindaco Luciana Cappelli e di Eleonora Gallerini della Pubblica Assistenza.
Agnese Fedeli
Il Tirreno, 25 marzo 2006

lunedì 20 marzo 2006

Studente pestato e gettato dall'auto. Massa: il giovane è finito sotto le ruote di una jeep: ora è in fin di vita

di Agnese Fedeli

MASSA CARRARA. In coma per un’aggressione di fronte alla discoteca. Matteo Dentoni, 27 anni, studente all’Accademia di Belle Arti di Carrara, è stato preso a botte in un locale per un’incredibili banalità: uno spintone dato accidentalmente. Lo hanno picchiato e poi costretto a salire in macchina. Dopo averlo malmenato lo hanno buttato fuori dall’auto in corsa, in mezzo alla carreggiata, per odio sballato. E proprio in quel momento, quando il peggio sembrava finito, è stato investito da una jeep che nel buio della notte non è riuscita a distinguere la sagoma di un giovane 27enne inerme. Il fattaccio è successo venerdì notte e Matteo Dentoni è ancora in coma nel reparto rianimazione dell’ospedale di Massa. Due dei presunti aggressori sono stati sentiti e denunciati a piede libero per lesioni gravissime, ma pare che la squadra mobile della polizia di Massa, diretta da Armando Puccinelli, voglia interrogare e fare chiarezza anche con gli amici di Matteo.
La lite è cominciata intorno alle 2.30 di venerdì notte al “Baraonda”, locale trendy di Marina di Massa. Matteo inavvertitamente ha dato uno spintone a due giovani di Sarzana che rispondono subito con l’aggressione. Il titolare della discoteca, Michele Bardazzi, per chiudere la lite ordina al gruppo che si era surriscaldato di uscire dal locale. E invece no: gli schiaffi, i pugni e gli insulti sono continuati anche fuori. I due aggressori saltano in macchina e, secondo le testimonianze, cercano di investire Matteo e il suo gruppo di amici. Mentre la macchina è ancora accesa, uno dei due agguanta Matteo e lo costringe, mentre l’auto prende velocità, a entrare nell’abitacolo. Hanno continuato a picchiarlo con violenza per alcuni interminabili minuti e poi lo hanno scaraventato fuori dalla macchina in corsa.
Proprio in quel momento, mentre con le poche forze rimaste cercava di rialzarsi, passa una jeep che non riesce a frenare perché si accorge troppo tardi di quel ragazzo disteso sull’asfalto. Matteo viene investito e subito sprofonda in un coma gravissimo.
I due aggressori sono stati rintracciati nella notte di venerdì. Erano frequentatori abituali del locale e, con le testimonianze degli amici di Matteo e del gestore del locale non è stato difficile localizzarli: uno biondo e tarchiato, l’altro moro e un po’ più alto.
Sono sconvolti i genitori di Matteo, Angelo e Daniela. Il padre ha un laboratorio di scultura dove anche il 27enne Matteo, che studia scienze multimediali e fotografia all’Accademia, talvolta lavorava. Il ragazzo ha una tempra forte: durante l’estate, per guadagnare qualche soldo in attesa della gloria artistica, lavora come bagnino. Nel 2001 si tuffò in mare con alcuni colleghi bagnini per salvare quattro giovani in difficoltà.

Il Messaggero, 6 marzo 2006

Sessanta Km, un'ora e mezzo. Da Empoli a Siena ritardi record.

di Agnese Fedeli

EMPOLI. Soltanto venti treni al giorno: ossia meno di uno all’ora. Che viaggiano su una linea ferroviaria antiquata e poco sicura. Venti treni tra Empoli e Siena, a fronte dei 70 che collegano Empoli a Firenze e dei 53 che portano a Pisa. Una tratta da odissea, che da anni accumula le denunce e le ire di centinaia di pendolari che passano in treno diverse ore al giorno. L’ultima manovra è stata ideata dal comitato dei pendolari della Valdelsa, che ha raccolto 160 firme contro le modifiche all’orario per una protesta ad ampio raggio: la loro petizione è stata spedita anche al Ministro dei trasporti Pietro Lunari. La Empoli-Siena sembra una linea dimenticata che necessita di tante cure in più, anche perché - oltre a scandire la vita quotidiana di tantissimi pendolari - dovrebbe servire alle migliaia di turisti all’anno che viaggiano in giro per la Toscana. Quelle stazioni fantasma. Il viaggio tra Empoli e Siena raramente dura meno di 70/80 minuti, ritardo escluso. In fondo sono 63 chilometri: il tragitto potrebbe durare molto meno. A confronto con altre linee: in un’ora da Firenze si arriva a Bologna. Il fatto è che sulla Empoli-Siena sono ancora attive tante fermate che hanno un’utenza ridotta veramente ai minimi termini. Le continue fermate fanno accumulare al treno minuti di ritardo che vanno a sommarsi all’attesa obbligatoria dello scambio con i treni in arrivo dal senso contrario, in quei punti della linea dove ancora esiste un solo binario. Un disagio non da poco, che negli anni ha anche sfiorato la tragedia - è successo più di una volta che, per una disattenzione, il treno ripartisse da una stazione senza aspettare lo scambio; più di una volta, tra Certaldo e Poggibonsi, lo scontro frontale tra due treni si è sventato per pochi secondi -. I lavori per raddoppiare i binari dovrebbero terminare entro il 2006.
Le proteste dei pendolari. «Sono otto anni che viaggio su questa linea - racconta Elena Conti, residente a Certaldo -. Prima per la scuola superiore mi muovevo in treno fino a Empoli. Adesso studio economia a Firenze. In questi otto anni? La situazione è andata sempre a peggiorare: ritardi anche di mezzora, treni soppressi e soprattutto pochi treni nell’arco della giornata». Gli utenti della Empoli-Siena sono persone dalle attività varie: la prima mattina è dei dipendenti degli ospedali, degli studenti delle superiori e degli universitari. I viaggiatori diminuiscono fino all’ora di pranzo e l’affollamento riprendere nel pomeriggio e all’ora di cena. «Questa linea è sempre in ritardo, ancora di più da quando hanno cambiato l’orario della mattina - dice Salvatore Carfora, dipendente all’ospedale di Firenze -. Io viaggio tutti i giorni tra Castelfiorentino a Firenze e arrivo sempre tardi al lavoro». Il ritardo è la nota che arreca maggiori disagi ai pendolari, siano essi universitari o lavoratori. Il problema, però, sta anche nel numero dei treni disponibili sulla tratta. «Io faccio l’insegnante a Castelfiorentino e a Borgo San Lorenzo - racconta Flaminio Giordano, che abita a Firenze -. Per entrare a scuola a Castello, alle 9, sono costretto a partire da Firenze poco dopo le 6,30. La stessa cosa mi succede al ritorno: devo sempre aspettare un’ora o anche di più prima di avere un treno per andare verso casa». Lo denunciano anche Chiara Bandini e Azzurra Bulleri, studentesse di lingue all’Università di Siena. «I treni sono troppo lontani l’uno dall’altro - raccontano -. Se da Siena perdiamo quello delle 18,38, dobbiamo aspettare fino alle 20.10 alla stazione: praticamente un’ora e mezzo». E’ quello che succede anche la mattina: chi parte da Empoli alle 7.27 deve stare attento a non fare tardi: il treno successivo ci sarà solo dopo 120 minuti, cioè alle 9.06. Le incongruenze dell’orario. Empoli-Siena. Il primo treno che da Empoli porta verso la Valdelsa e Siena è quello delle 6,22. Fino alle 7,30 c’è un treno ogni mezzora: una sorta di cadenza metropolitana. Seguono infatti i treni delle 6,57 e 7,27. Ecco quello che i pendolari chiamano “orario sbagliato”: dopo le 7,30 il primo treno c’è alle 9.06, ossia dopo un’ora e mezzo. Dalle 9,52 fino alle 16,30 si prosegue con un solo treno ogni ora: 10,52, 11,52, 13,08, 13,52, 14,40, 15,52 16,38. Ricomincia per un breve tratto un orario più accettabile: tre treni nel gire di un’ora e mezzo: 17,06, 17,40, 17,53. Si slitta poi a un’ora più tardi, treno delle 18,56, e gli ultimi treni previsti sono quelli delle 19,52, 20,06, 20,52, 22,11, 23,55.

Il Tirreno, 18 gennaio 2006

Il nuovo ospedale oscura le televisioni. Riposizionare le parabole può costare fino a 500 euro a famiglia

di Agnese Fedeli

EMPOLI. Lo chiamano già l’ecomostro. È la nuova struttura dell’ospedale San Giuseppe di viale Boccaccio - secondo i residenti della zona. Ha messo in tilt la ricezione dei canali televisivi analogici. Rai, Mediaset e canali locali sono disturbati dall’altezza dell’edificio in costruzione. «Da mesi ormai non vediamo Rai3 - lamentano i residenti di viale Giotto -, Rai2 va e viene. I canali locali sono tutti disturbati». La spiegazione? Le antenne delle famiglie che abitano sulla statale erano tarate, da anni, per ricevere il segnale televisivo dal Monte Serra. Il cantiere dell’ampliamento dell’ospedale, alto e ingombrante, ha sballato tutte le frequenze della televisione analogica. Risolvere il disagio costa dai 150 ai 500 euro: un’altra spesa che grava sulle famiglie residenti sulla statale che, per avere un segnale pulito e vedere i programmi senza interferenze, sono costretti a far revisionare l’antenna. «Il nuovo ospedale è molto alto - ha detto Stefano Andreoli, antennista di ElettronRadio - e crea una barriera alle frequenze terrestri. Finora, le antenne delle abitazioni di viale Giotto e dintorni erano orientate verso il Monte Serra: i canali Rai arrivavano tutti da là. Le famiglie hanno cominciato a lamentarsi nei mesi scorsi perché non riuscivano a sintonizzare i programmi, oppure perché la ricezione era pessima». L’altezza del nuovo edificio ospedaliero crea quindi, oltre a una barriera estetica, anche un disagio vero e proprio che, ai residenti della zona, può costare anche cinquecento euro. «Per arginare questo problema - spiega Stefano Alderighi - si deve orientare l’antenna verso il Monte Morello e sostituire l’amplificatore. Questa operazione, se realizzata su un’antenna nuova, costa 150€». Soldi che diverse famiglie sono costrette a spendere per cause di forza maggiore. Ma c’è chi l’antenna non la revisiona da anni: in questo caso il prezzo dell’aggiornamento lievita decisamente. «Da quando hanno cominciato a costruire l’ospedale non vedevo più i canali Rai. Erano rimasti solo Canale 5 e Italia 1 - ha raccontato Doriana Chesi, residente nella zona -. La mia antenna era vecchia e quindi ho dovuto cambiare tutto: per fare questo spostamento ho speso 500 euro». La stessa denuncia arriva anche dalla famiglia Baronti: «Ancora non abbiamo revisionato l’antenna, però ormai da tanto tempo Rai2 va e viene. Ci hanno consigliato di fare la sintonizzazione quando avranno finito i lavori. Altrimenti si rischia di dover fare un doppio cambiamento».

Il Tirreno, 08 febbraio 2006

Una stanza per drogarsi: è polemica in Toscana. Proposta di legge choc: accogliamo i tossici senza denunciarli.

di Agnese Fedeli

FIRENZE. La legge regionale sulle droghe e sulle dipendenze patologiche sta già facendo discutere: all’articolo 12 della proposta di legge si auspica, infatti, l’apertura di una safe injection room in ogni Asl della Regione. Una stanze, cioè, dedicata a tossicodipendenti, alcolizzati e quant’altro. Una stanza a loro disposizione a qualunque ora del giorno e della notte dove possano ricevere assistenza e supporto psicologico e dove possano drogarsi, fumare e bere senza che nessuno li denunci. Un altro punto che ha scatenato le polemiche è l’articolo sulle sperimentazioni mediche della cannabis.

“La stanza di cui si parla nel testo – ha detto Fabio Roggiolani, consigliere regionale dei Verdi e firmatario della legge – rappresenta un approccio diverso nei confronti del tossico, che troverebbe uno spazio dove sentirsi accolto, dove nessuno lo denuncia alle autorità. L’alternativa è che i tossicodipendenti vadano a bucarsi in un giardino pubblico o in una piazza: situazioni di emarginazione sociale con cui la gente non vuole più convivere”. Alleanza Nazionale non ha tardato a rispondere alla proposta di legge, firmata dalla maggioranza ma solo alle prime discussioni in consiglio. Achille Totaro, consigliere regionale di An, ha sottolineato come, in realtà, “la stanza del buco libero dimostra in maniera eclatante che la filosofia di questa legge è la riduzione del danno per chi si droga: una teoria giustificazionista che negli anni ha creato danni irreparabili. Se una persona si droga, significa che è malata e che deve essere curata per vie istituzionali”.

La legge ha acceso pareri discordanti anche negli operatori del settore sanitario. “La sperimentazione della safe injection room è una realtà in tanti paesi europei – ha detto Nunzio Santalucia, tossicologo, medico dei Sert e coautore del testo di legge –. Questo spazio può servire a salvare una vita, piuttosto che a perseguitarla. La safe injection room diventa un centro di aggregazione per tossici solo se gli operatori sono assenti. L’idea della legge è che, invece, nella stanza ci siano operatori di vario tipo: psicologi, infermieri, medici, per proporre al tossicodipendente un approccio integrato verso un cammino di riabilitazione”. Percorso che, al contrario, gli operatori delle comunità antidroga vedono minato da una proposta come quella della legge regionale sulle dipendenze. “Invece di aiutarli a recuperare, questa proposta condanna a morte tanti giovani dipendenti dalle droghe – ha detto Giovanni Moschini, fondatore della comunità Valdinievole, gruppo di recupero dove sono in cura attualmente 80 ragazzi -. Questa legge regionale ha tanti articoli positivi. Purtroppo, per un pugno di voti, la sinistra deve sottostare alle ali estreme che tendono alla liberalizzazione delle droghe”. E’ su questa posizione anche Piero Pierazzuoli, presidente della comunità Gruppo 13 e responsabile del Dipartimento comunale fiorentino sulle dipendenze, al quale partecipa anche Don Giacomo Stinghi: “Non possiamo accettare una proposta di questo tipo – ha affermato -. Una stanza per drogarsi è una resa allo stato di fatto, è una concessione a tutti i tossicodipendenti per approfittarsi di sostanze, tempo e occasioni. Questa permissività assoluta non è di aiuto a nessuno, men che meno ai tossici”.

In Toscana nel 2004 erano censite 104 strutture socio-riabilitative, dove in totale erano in trattamento 1393 persone, 1119 maschi e 274 donne. Pistoia, poco più di un anno fa, era la città con il maggior numero di tossicodipendenti accolti in strutture, 293. La seguivano Lucca, 247 ragazzi in cura, Arezzo, 207, e Firenze, 201.

Il Messaggero, 07 marzo 2006

domenica 19 marzo 2006

Dopo quattro anni torna la fiorentina. Via libera della UE, entro Natale sarà di nuovo in tavola

di Agnese Fedeli


FIRENZE -
Il Comitato veterinario dell'Unione Europea ha deciso: la bistecca alla fiorentina, alta tre dita e cotta alla griglia su brace e non sulla fiamma viva, tornerà presto sulle nostre tavole. Messa al bando il 31 marzo 2001 per arginare il morbo della mucca pazza, l'encefalopatia spongiforme bovina (Bse), la fiorentina entro Natale dovrebbe essere di nuovo presente nei menù dei ristoranti e nelle macellerie. Quattro anni di controlli veterinari, misurazioni, iniziative per dimostrare che la carne bovina italiana era e rimane sana. La Commissione Europea però ha innalzato da 12 a 24 mesi l'obbligo di asportazione della colonna vertebrale dai bovini.

Il protagonista della vicenda. Il commissario europeo alla sanità, Markos Kyprianou, ha sottolineato che la scelta non è stata avventata. «Questo primo passo verso un ammorbidimento delle misure comunitarie relative all'encefalite spongiforme bovina - ha detto - riflette i numerosi progressi realizzati nella lotta contro questa malattia». La decisione è stata presa in seguito al voto favorevole degli stati membri dell'Unione, che hanno appoggiato tutti la proposta, tranne la Francia e la Germania, schierate sul fronte del no, e l'Olanda che si è astenuta.

La storia. Il primo caso di Bse si registra in Inghilterra nel 1986. Dall'86 al 2000 il morbo della mucca pazza ha infettato in Inghilterra oltre 177.000 capi di bestiame. In Italia la situazione è ben diversa: il 13 gennaio 2001, a Pontevico (Brescia), viene scoperto il primo caso e nel giro di pochi giorni la colonna vertebrale dei bovini di età superiore ai 12 mesi viene inserita nel registro dei materiali a rischio di morbo mucca pazza. Macellai, intenditori e buongustai gridano alla disastro: la fiorentina si ricava da bovini in età compresa tra i 16 e i 24 mesi. Il 31 marzo 2001 arriva il bando. La decisione avrebbe dovuto durare pochi mesi. La prima volta che, invece, si assicura il ritorno della fiorentina è il 26 maggio 2005, dopo oltre quattro anni.

Cos'è cambiato. Subito dopo la messa al bando della bistecca con l'osso, i macellai e i ristoratori italiani cercarono di rimediare tagliando bistecche di manzo giovane, di età inferiore ai 12 mesi, oppure con carne bovina privata dell'osso. La decisione Ue di revocare il bando prevede oggi di elevare l'obbligo della eliminazione della colonna vertebrale dei bovini di oltre 24 mesi.

Le reazioni. La Toscana, orgogliosa di uno dei suoi piatti più famosi nel mondo, è la prima a esultare per la decisione di ieri. «L'adozione di misure e intensificazione dei controlli – ha detto l'assessore toscano all'agricoltura Susanna Cenni – hanno permesso di ridurre notevolmente l'entità del fenomeno Bse e, quindi, di favorire la dicisione UE».

Tanti i livelli di soddisfazione. I primi a essere felici sono gli allevatori: Confagricoltura conta sull'effetto positivo nella vendita di carne bovina nell'ottica di favorire la ripresa del settore bovino. L'acquisto di carne bovina per uso familiare si è ridotto tra il 2000 e il 2004 del'1,7%.

Soddisfatti anche i ministri alle Politiche Agricole e Forestali Gianni Alemanno e della Salute Francesco Storace, che hanno sottolineato come «questo risultato sia stato raggiunto grazie alla sinergica e intensa attività svolta dall'Italia a livello politico e tecnico sul Parlamento e sulla Commissione dell'Unione Europea».

Il Messaggero, 6 ottobre 2005

La tradizione “rivissuta” con un ideale dizionario di dialetto empolese
Le parole che usavano i nostri nonni
Un piccolo volume del 2001 sarà presto ampliato con nuovi vocaboli della cultura contadina

EMPOLI. “Cenciaioooo... donne c’è i’ cenciaio! Compro stracci e ferri vecchi... ve li pago a peso d’orooooo... Gnamo, donne, c’è i’ cenciaiooooo!”. E’ una frase presa da un raccontino di tradizione empolese. Parole che solo un empolese puro sa leggere con il tono giusto, con gli accenti ognuno dove deve stare e con ogni termine caricato di tutto il peso della parlata empolese-fiorentina. Già, ma come parlano gli empolesi? Hanno o non hanno una cadenza, hanno nel dna delle parole alle quali sono affezionati e che non scambierebbero per nessun motivo al mondo? Come tutti i buoni toscani, anche gli empolesi hanno una pronunciatissima “gorgia”, che non è una strana malattia congenita, piuttosto un vezzo linguistico che fa impazzire romani e milanesi: la famosa “c” aspirata che fa tanto ridere nella frase “una coca-cola calda calda con la cannuccia corta corta”. E come figli di fiorentini, gli empolesi nella loro parlata hanno l’abitudine di tagliar via l’infinito dei verbi - devo andà, voglio mangià, ho da studià, fammi sentì -. E di pronunciare l’articolo determinativo “il” al 50%, a prescindere dall’ambito semantico al quale si attribuisce: dagli oggetti quotidiani, i’bbicchiere, i’bbiro, i’ppiatto, i’ccavatappi, a quelli anche più svariati, i’vvolante, i’ppistone, i’tram, i’bbottone, e così via. Nell’ipotetico dizionario di dialetto empolese c’è anche un pronome pseudo dimostrativo che sta a indicare il complemento oggetto “voi”: l’incomprensibile e francesizzante “vu”. “Non vu mm’ascoltate”, “vu glielo potete chiedere”, “Icché vu avete fatto ieri sera?” e via dicendo. Per molti versi, l’empolese è una diretta derivazione della calata fiorentina, legata alla sonorità poetica e colorita dei grandi poeti che proprio da Firenze hanno dato vita all’italiano unificante. E resta il fatto che oggi i giovani empolesi sono molto più soggetti ai tormentoni televisivi piuttosto che ai modi di dire provenienti dalla cultura contadina. Quello che comunque è vero, è un dato di fatto che - nonostante i toscani abbiano una calata e non un dialetto stretto come gli abitanti di tante altre regioni italiani - gli empolesi hanno ancora un discreto numero di espressioni tradizionali e popolari. Sono quelle che ha raccolto per la prima volta il dottor Paolo Lambruschini nel suo piccolo vocabolario di empolese, pubblicato nel 2001 in occasione della festa del volontariato. Dalla A di “abbaione”, “accoglienza rumorosa che un gruppo fa ad un singolo che può avere significato positivo o negativo”, alla Z di “zunnenne” - parola onomatopeica per indicare una musica ritmata e ripetitiva - nel dizionario di Lambruschini ci sono tante parole di uso tutto sommato comune, ma tante altre anche meno usuali e buffe da leggere. Cosa vuol dire “sentirsi in avveligione”, per esempio? “Situazione psichica di persona giù di morale, ma anche così stanca da non aver più voglia di niente, neppure di mangiare”. Oppure, c’è da aver paura quando uno ha intenzione di far “misdea”? In parte sì, perché vuole dire “atto di confusione violenta: “vengo e fo misdea” cioè picchio tutti e rompo tutti”. Ci sono poi espressioni articolate come “domando e dico” che è un tipico intercalare in particolar modo maschile, “una esclamazione per chiedere anche consenso di chi ascolta su un fatto un po’ clamoroso da commentare”, il classico “Ma io mi domando e dico!?”; oppure “fare il diavolo e peggio” che indica l’atteggiamento di chi fa confusione e inventa sempre cose nuove e stravaganti. Sono detti popolari anche “dare un tanto” e “portare per bocca”, che rispettivamente vogliono dire “una certa quantità di denaro: non lo farei neppure mi dessero un tanto” e “parlare di una persona per indicarne le malefatte: non fare così, altrimenti ti fai portare per bocca, ossia fai parlar male di te”. L’espressione “dare un tanto” è spesso coniugata con il verbo tronco “sapere”: “io darei un tanto a sapè!” che vuol dire che si sarebbe disposti a pagare qualsiasi cifra pur di sapere un determinta cosa. Tante parole dialettali indicano persone o cose di poco conto: “premicione”, persona inetta e buona a poco, “patonfio”, persona grassa, lenta di movimento e pensiero, “manfano”, persona rozza, “lotro” e “lercio”, “brindellone” e “lernia”, una persona di cattiva compagnia, perché “mangia sempre con smorfia di fastidio”.
Agnese Fedeli
Il Tirreno, 20 novembre 2005

sabato 18 marzo 2006

Il mistero di San Pietro in Castro Nessuno lo rivendica. E cade a pezzi.

Il mistero di San Pietro in Castro Nessuno lo rivendica. E cade a pezzi

La cappella nel cuore di Monterappoli di cui esistono tracce già nel Quattrocento è diventata il rifugio di piccioni e animali

EMPOLI. Continua il viaggio del Tirreno alla scoperta dell’arte dimenticata, anzi abbandonata, delle piccole chiese di campagna, delle cappelle sconsacrate, di vecchie ruderi in mezzo ai campi tra Francigena e Volterrana, tra i boschi battuti dai Medici durante la caccia e antiche mura costruite ai tempi di Boccaccio e ora diventate brandelli di pietre. Il viaggio stavolta si ferma all’oratorio di San Pietro in Castro, a Monterappoli. «È diventato una piccionaia, non sappiamo chi dovrebbe farne la manutenzione», è stata la segnalazione arrivata al giornale da parte di Anna Castellacci, insegnante elementare che ha a cuore i beni artistici e culturali dell’Empolese Valdelsa. «Le tegole stanno cascando e l’esterno è rovinato, con le pareti che franano, ogni giorno sempre di più».
Invasa dai piccioni, decadente all’esterno, vuota all’interno: l’oratorio di San Pietro in Castro sembra veramente chiedere aiuto da ogni suo antico mattone. Il problema è che nessuno sembra volersi accollare la responsabilità di una manutenzione costante: non si capisce chi ne sia il reale proprietario. Cosa frequente quando si tratta di beni artistici e culturali.
I residenti di Monterappoli sostengono sia del Comune: affermazione smentita da Paola Panicci, responsabile dell’ufficio cultura: «Non è di proprietà comunale - dice - anche se in più occasioni ci siamo mobilitati per la pulizia e manutenzione». Lo sottolinea anche Stefania Terreni dell’Archivio storico del Comune quando dice che «dell’oratorio di San Pietro in Castro abbiamo pochissime attestazioni. Sappiamo che era censito nel catasto leopoldino nell’800 e poi abbiamo un riferimento nel catalogo delle chiese empolesi realizzato da Wielfredo Simoni. Ad ogni modo non è del Comune. Forse appartiene agli eredi di Annibale Orlandini, che ne ha fatto il restauro nel 1630».
Un restauro ogni tre secoli: è davvero troppo poco, anche per una piccola struttura che all’interno è completamente vuota, se non fosse per un altare lapideo e una lucerna.
Qualcuno dice che, per passaggi di proprietà e eredità in epoche ormai lontanissime, la chiesetta appartenga a privati cittadini. Ipotesi accreditata anche dalla Soprintendenza ai Beni artistici e storici di Firenze. «L’oratorio di San Pietro in Castro a Monterappoli non compare nei nostri cataloghi - dicono da Firenze - e questo è un problema anche per noi. Se volessimo occuparci della manutenzione, del restauro o del reperimento delle informazioni, dovremmo aver chiaro il nome del proprietario».
Uno dei più classici scarica-barile che, volenti o nolenti, negli anni ha lasciato l’oratorio di San Pietro in Castro in una solitudine che ne ha rivinato l’aspetto, dentro e fuori. «Qualche anno fa il Comune ha messo una rete contro i piccioni - racconta Piero Stabile dell’associazione culturale Il Torrino - ma ormai quegli uccelli sono riusciti a entrarci di nuovo e l’interno è tutto sporco. Sarebbe bello poi che ci fosse un’illuminazione per la notte, lo renderebbe più suggestivo. Noi ci abbiamo messo qualche tempo fa un faretto provvisorio. Ma è ovvio che questo non può bastare».
L’oratorio nei secoli ha fatto parte del castello di Monterappoli - frazione chiamata anche “Monte Rappoli” o “Monte Trappoli” - e si aggiunge alle altre due chiese parrocchiali: S. Giovanni Evangelista e S. Lorenzo. Anche se lì, la messa, nessuno la dice più.
Agnese Fedeli
Il Tirreno, 9 marzo 2006
Scout muratori per riaprire l’antica pieve

Gruppi impegnati anche per le feste A Coeli Aula fine dei lavori a giugno

di AGNESE FEDELI

MONTESPERTOLI. La pieve di Santa Maria a Coeli Aula l’hanno spesso definita «un luogo al servizio dell’uomo». Per i suoi panorami sulle colline di Montespertoli, per i suoi spazi al coperto, capaci di ospitare diverse decine di persone.
Un luogo al servizio dell’uomo, ma anche un luogo dove le mani e il sudore di uomini, donne e ragazzi sono state fondamentali per realizzare un piano di ristrutturazione necessario e oneroso. Alla ristrutturazione della casa e alla pieve di Coeli Aula hanno partecipato, in questi anni, centinaia di scout di tutta la Toscana e, in certi casi, anche da fuori regione. I lavori di ristrutturazione più significativi - quelli al tetto della chiesa, che rischiava di crollare - sono partiti lo scorso novembre e finiranno entro l’inizio dell’estate. La grande inaugurazione della pieve è fissata per l’11 giugno, giorno in cui si tiene tradizionale festa dello scoutismo cittadino.
La struttura. Coeli Aula si trova vicinissima a Montespertoli. La struttura è formata dalla pieve, attestata già prima dell’anno 1000, e da una casa vera e propria dove, negli anni, si sono tenuti campi e attività scout, ritrovi parrocchiali, feste di laurea, battesimi. Ma anche concerti, feste per la fine dell’anno. Insomma, una casa davvero poliedrica, che con il suo salone e i suoi spazi all’esterno sa accogliere i gruppi più diversi.
La situazione è crollata quattro anni fa. «Il tetto della pieve si è indebolito in maniera drastica. Rischiava di franare» ha detto Riccardo Baroni dell’associazione Eirene, che gestisce Coeli Aula. Il problema è che, come spesso succede nell’associazionismo, i fondi per rimediare al danno strutturale che si stava ingigantendo sempre di più proprio non c’erano.
Le feste al lavoro. Ecco che allora si è mobilitato l’associazionismo scout cittadino. In collaborazione con gli adulti di Eirene, gli scout empolesi si sono dati da fare in veri e propri campi di lavoro a sostegno di Coeli Aula. «Ci sono stato quattro anni fa: tre giorni a Coeli Aula durante le vacanze di Pasqua insieme a tanti altri scout - ha detto Francesco Bacchi, studente e scout -. Ognuno faceva qualcosa: chi smontava o rimontava mobili, chi svuotava il magazzino per fare pulizia, chi verniciava. Abbiamo cercato di dare il nostro contributo facendo cose estremamente concrete».
Per realizzare le opere specialistiche e pericolose, ovviamente, sono state chiamate ditte e artigiani ma «tutti possiamo aiutare a rimettere a posto Coeli Aula. Noi abbiamo partecipato tutti gli anni con il nostro clan (così si chiama il gruppo di ragazzi scout tra i 16 e i 19 anni, ndr). Parteciperemo anche al campo di lavoro del prossimo aprile: ci hanno già anticipato che aiuteremo a fare la manutenzione del portone della chiesa» ha detto Laura Salvi, capo scout.
Ma perché i ragazzi hanno risposto in maniera così forte al collasso di Coeli Aula? «Questa base rappresenta un posto significativo per tutta la città, per gli scout, per tutti» dice d’impeto Francesca Scappini, scout che ha partecipato a diversi campi di lavoro.
«Per i ragazzi è un posto dove sentirsi a casa, dove mettere in piedi grandi attività, dove passare del tempo in maniera positiva» ha detto Flavio Conti capo scout.
Ristrutturazione e fondi. Il piano di recupero della chiesa è costato 138mila euro. I lavori sono partiti in maniera ufficiale nello scorso novembre. «L’associazione Eirene ha preso un mutuo decennale da 100mila euro - ha detto ancora Riccardo Baronti di Eirene insieme a Roberto Pallicca -. Abbiamo raccolto alcuni fondi grazie a cene di autofinanziamenti, mercatini e grazie alle offerte dei gruppi scout che soggiornano a Coeli Aula per qualche giorno. Contribuiscono anche alcune famiglie, mentre non è semplice trovare veri e propri sponsor che ci finanzino. Abbiamo preso contatti con le amministrazioni di Empoli e di Montespertoli, così come con Publiambiente che, realizzando la discarica così vicina alla struttura, ha danneggiato la nostra immagine. Ci siamo proposti di inserire Coeli Aula anche nelle Strade del Vino e incrementare la sua frequentazione». Le persone che lavorano alla ristrutturazione della pieve di Coeli Aula, oltre alle ditte e agli artigiani, sono tante davvero. Così come sono numerosi i gruppi che frequentano la casa per attività scout, di divertimento e di ritrovo. Consultando il sito web www.coeliaula.it si può verificare la disponibilità della casa. Tutto il mese di aprile è già occupato con i gruppi scout di Livorno e con attività scout regionali. Il mese di maggio, per ora sembra ancora disponibile, ma tradizionalmente viene fissato per le feste delle comunioni. In giugno e luglio sono già organizzati soggiorni per anziani e attività dei gruppi scout di Peccioli, Roma e addirittura di Avellino.
ORIGINI PRIMA DEL MILLE. La vita della pieve di Coeli Aula è lunga più di mille anni. Infatti è già citata in documenti del IX e X secolo. La zona ha assunto varie nomenclature nel tempo: Ciliziavola, Cilicciaola, Ceraula. Ad ogni modo, l’esistenza di Santa Maria a Coeli Aula è attestata già nel marzo dell’ 893 quando Sichelmo, figlio di Martino, signorotto locale, donò terre del piviere di Ciliziavola all’oratorio di Santa Maria a Monte.
La chiesa - che è inserita nel libro di Marco Frati dal titolo Chiese romaniche nella campagna fiorentina a Sud dell’Arno, ed. dell’Acero - intorno al XIII secolo passò un periodo di scarsa capacità economica, tant’è che il canonico Rodolfo chiese un mutuo al Vescovo del capitolo. A causa della poche entrate, il numero dei sacerdoti diminuì e nel 1396 il pievano Filippo Cavalcanti lamenta un defectus clericolrum perpetuorum, ossia una carenza assoluta di canonici. Della pieve si sa, ancora, che nel 1796 aveva già il campanile e il fonte battesimale, quest’ultimo smantellato sotto il patronato del popolo.

Il Tirreno, 16 marzo 2006
Il poliedro di Paladino a Piazza Guidi. Immagine scattata il 17 marzo 2006.
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Piazza Guidi, oggi il debutto

Piazza Guidi, oggi il debutto.Nel pomeriggio viene presentata alle tv nazionali
Il Tirreno, 18 marzo 2006

VINCI. Ultime ore prima della fatidica inaugurazione di piazza Guidi ridisegnata alla maniera della Transavanguardia. La piazza progettata da Mimmo Paladino, uno degli artisti italiani più famosi al mondo, sarà presentata questo pomeriggio ai giornalisti dei media nazionali e domani, alle 16,30, alla cittadinanza e alle istituzioni. «Siamo fieri di quest’opera memorabile e epocale» ha detto il sindaco Dario Parrini. La piazza è costata 1.100.000, in parte finanziati dalla Comunità Europea. C’è in progetto di realizzare una mostra fotografica itinerante con le immagini scattate da Aurelio Amendola.
La prima tappa della mostra sarà Palazzo Medici Riccardi a Firenze. Il progetto di realizzare un’opera d’arte a cielo aperto nel cuore di Vinci è nata ormai da qualche anno, quando il museo Leonardiano ha prospettato un ampliamento nella palazzina Uzielli.
Dal progetto di ingrandire il museo a ripensare l’impianto urbano del centro di questo borgo antico così famoso e invidiato nel mondo, il passo è stato breve. Mimmo Paladino ha dedicato a Leonardo da Vinci una piazza che si snoda su sovrapposizioni di piani spaziali diversi e prospettive incuneate.
«Il groviglio di segni che ho tracciato sulla pietra, in mosaico d’argento, ricorda un po’ il groviglio dei disegni di Leonardo quando immaginava l’aeroplano o faceva schizzi anatomici. E per ricollegarmi a tutto il suo tempo, davanti all’entrata del museo ho creato una stella di metallo a dodici punte, che era uno degli elementi geometrici usati da alcuni pittori del Rinascimento per studiare la prospettiva», ha detto il maestro Paladino a proposito di questa sua opera permanente nel centro di Vinci. Le figure incise rappresentano forme di mani, frecce, spirali: simboli di un modo nuovo di concepire il Rinascimento, una sorta di passaggio del testimone dove non c’è la voglia di rinnegare o superare il passato, al contrario.
Agnese Fedeli

Vinci tra Leonardo e avanguardia

Vinci tra Leonardo e avanguardia
Il Tirreno, 15 marzo 2006, Cultura regionale


Mimmo Paladino rivoluziona il centro storico della cittadina toscana. Pavimentazione con forme di frecce e mani

VINCI. Che le colline toscane esaltino creatività e genialità è risaputo. La novità è che da qualche tempo i borghi medievali della regione funzionano anche come attrattori di sperimentazioni artistiche e architettoniche. L’ultimo esempio è la nuova Piazza Guidi ideata e realizzata da Mimmo Paladino. L’artista - esponente di punta della Transavanguardia degli anni ’80 insieme a Sandro Chia, Enzo Cucchi, Francesco Clemente e Nicola de Maria - ha dedicato a Leonardo da Vinci una piazza che si snoda su sovrapposizioni di piani spaziali diversi e prospettive incuneate. Sulla pavimentazione si trovano poi simboli atavici ed elementi primordiali incisi in forma di mosaico argentato: un modo per catturare la luce di un borgo antico e rifletterla in modo forse dissonante, ma innovativo.
Le figure incise rappresentano forme di mani, frecce, spirali: simboli di un modo nuovo di concepire il Rinascimento, una sorta di passaggio del testimone dove non c’è la voglia di rinnegare o superare il passato. Al contrario.
Come a dire che dall’arte e dall’ingegno di Leonardo e del Rinascimento, Vinci e il mondo della cultura possono trarre stimoli sempre attuali e vivi anche nel 2000.
L’inaugurazione ufficiale della nuova Piazza Guidi, opera permanente che d’ora in poi affiancherà il nome di Mimmo Paladino a Vinci e alla Toscana, è fissata per domenica alle 16.30. Sarà presente anche Mario Botta, architetto che ha progettato a Rovereto vicino Trento il grande complesso del Mart, museo di arte contemporanea e biblioteca.
L’architetto ha definito la nuova piazza Guidi come «un grande rilievo del suolo dove le superfici dei piani inclinati di pietra esplodono dalla terra come spinte da forze telluriche per formare, attraverso l’incontro dei piani, inedite superfici geometriche».
Ma come ha fatto Vinci ad aggiudicarsi un’opera permanente di Mimmo Paladino? Il progetto è nato all’inizio del nuovo secolo, quando il Museo Leonardiano, ospitato all’interno del castello dei Conti Guidi, raddoppia le visite registrate ogni anno e sente l’esigenza di ampliare i suoi spazi. Il progetto prevede l’apertura di una nuova ala del museo nella Palazzina Uzielli, portata a compimento l’anno scorso con l’apertura della sala sull’ottica di Leonardo. Contemporaneamente il sindaco Dario Parrini insieme al direttore del museo Leonardiano Romano Nanni e Mario Cristiani, presidente dell’associazione Arte Continua, lanciano un concorso internazionale aperto agli artisti per progettare una nuova piazza-simbolo di Vinci. Al concorso d’idee, finanziato dal Comune e dall’Unione Europea, parteciparono cinque grandi nomi dell’arte contemporanea: Jannis Kounellis, Anish Kapoor, Ilya Kabakov, Joseph Kosuth e Mimmo Paladino.
Il progetto di Paladino, che è risultato poi vincente al concorso, prevedeva architetture-sculture su tutta la piazza, realizzata in cardoso, materiale che si scurisce con l’umidità e si schiarisce con la secchezza, nell’ottica di creare accostamenti di forme geometriche regolari ed ideali.
Affiancate dalla presenza costante del poliedro: forma simbolo del Rinascimento, presente nella nuova piazza come incisione argentata e come scultura fisicamente installata.
Agnese Fedeli

venerdì 17 marzo 2006

Cercano di scaldarsi, morti abbracciati sotto la neve. Salvo il cane.

Il Messaggero, 15 marzo 2006



di AGNESE FEDELI

CASTELNUOVO GARFAGNANA - La loro storia d’amore è finita durante un week-end di escursioni in montagna. Una tempesta li ha sorpresi in quota, hanno smarrito la via del rientro e non hanno potuto far altro che abbracciarsi e vivere insieme gli ultimi istanti. I corpi di Giovanni Romolini, 52 anni, e Tiziana Donati, 43, dispersi da domenica, sono stati trovati ieri assiderati in Alta Garfagnana, sul Monte Prado, all’altezza di quasi 2000 metri, dagli uomini del Soccorso Alpino delle regioni Toscana e Emilia Romagna, intervenute con un elicottero. L’unico superstite di questa vicenda è Mato, il cane della coppia che è rimasto accovacciato accanto ai corpi dei suoi padroni fino all’arrivo del soccorso.
La coppia era partita per un week end all’insegna dell’escursionismo tra le montagne del Parco dell’Orecchiella, in Alta Garfagnana. Fino a lunedì mattina nessuno si è accorto della loro assenza: l’allarme è scattato perché i due non si sono presentati al lavoro. Secondo la ricostruzione, Giovanni e Tiziana - lui vigile urbano di Sesto Fiorentino, lei 43 anni residente a Reggello – avevano dormito al rifugio alpino Battisti. La domenica mattina si erano mossi per un’escursione al parco dell’Orecchiella. Sulla strada di ritorno, però, la temperatura è calata violentemente: il gelo ha toccato i venti gradi sotto lo zero e le raffiche di vento imperversavano a 150km all’ora. La coppia aveva con sé due telefoni cellulari, ma non sono riusciti a contattare nessuno. Le raffiche di vento e il freddo estremo avrebbero fatto perdere l’orientamento ai due coniugi, i cui corpi sono stati trovati lontani dal sentiero.
Le squadre del Cai e del Soccorso Alpino ieri hanno recuperato anche la salma di un alpinista di Pistoia, Sergio Gentili, 65 anni. L’uomo faceva parte di una comitiva di escursionisti di 19 persone, disperse domenica pomeriggio per alcune ore. Il terribile bilancio dello scorso fine settimana sulle montagne toscane conta anche un altro morto, giovanissimo. Il 21enne genovese Luca Olivieri, caduto domenica in un canalone sul Monte Contrario delle Alpi Apuane, mentre era in cordata con due amici, entrambi gravemente feriti.