martedì 9 gennaio 2007

INtervista a Stefano Bollani, Il Firenze, 29 novembre 2006

Pianista, artista, creatura da palcoscenico: Stefano Bollani è questo e molto altro. Milanese d'origine, fiorentino d'adozione, Stefano Bollani nasce a Milano il 5 dicembre 1972 e si trasferisce a Firenze intorno ai 10 anni. Ha vissuto nel capoluogo toscano, quindi, tutti gli anni della sua formazione, il periodo difficile del liceo e del conservatorio. Finda ragazzo comincia a suonare nei locali. In questo periodo, Stefano Bollani, uno dei pianisti più apprezzati in tutto il mondo, sta registrando alla sede Rai di Firenze le puntate di un programma radiofonico che si chiama "Dr.Djambé". Il programma andrà in onda dal 25 dicembre per due settimane su Radio3.

Dopo il libro "La sindrome di Brontolo" arriva un programma radio. Su cosa punta Dr. Djambé?

E' un programma che vuole un po' prendere in giro il tono intellettuale di Radio3, ma che vuole mettere anche in comunicazione il mondo della musica e quello della parola. Insieme al mio pianoforte ci sarà infatti David Riondino, con il suo modo di intrecciare le parole e le storie.

Quali sono i tuoi programmi radio preferiti?

Mi piacciono molto tutti i programmi di Radio2, in particolare le coppie di Fiorello e Baldini e Greg e Lillo.

Come convivi con le nuove tecnologie? Secondo te sono utili alla professionalità di un artista?

Sono affascinato dalla tecnologia: è affascinante usare strumenti sempre nuovi e diversi. Ma bisogna stare attenti a non farsi usare dalle tecnologie. Penso alla facilità con cui i ragazzi di oggi comprano e si scambiano musica: per me prima un cd o un disco significava anche una certa ritualità che comprendeva andare in centro, mettere da parte i soldi e tante altre cose. Oggi con Emule è molto più facile e veloce, ma magari dei 500 brani presi i ragazzi ne ascoltano solo una decina.

Parliamo della tua formazione: come ricordi il periodo della scuola superiore?

Sono sempre stato il tipico studente che ha vissuto di rendita, quello che avrebbe potuto fare meglio e di più. Lo studente dell'ultimo banco, fisicamente e come indole. Passavo tutto il giorno a suonare il piano e la sera, già a 15 anni, andavo a suonare nei locali e tornavo a casa alle 2 di notte. Per la scuola studiavo pochissimo, ma riuscivo comunque a cavarmela nei compiti e nelle interrogazioni. Al contrario dei miei compagni di banco, che sono sempre bocciati.

Al liceo avevi già la ragazza? Le hai mai dedicato un pezzo o una canzone?

Premesso che in quegli anni io avevo un sacco di "amiche" che si confidavano con me per dirmi che amavano i miei compagni, e che quindi la ragazza potevo anche scordamela, beh sì, una volta, al terzo anno di liceo, ho composto e registrato un pezzo davvero strappalacrime per una ragazza. La sua reazione? Si è detta "molto lusingata". E non l'ho più rivista.

A quanti anni, invece, risale la tua primissima composizione?

Già in seconda elementare scrivevo dei pezzi su un quaderno. Purtroppo li ho persi. Anche se sarebbero del tutto inutili: scrivevo soltanto i nomi delle note e nessuna informazione sul valore e il ritmo.

Un segno del tuo carattere degli anni della tua adolescenza che ti sei portato dietro anche diventando adulto?

Sicuramente il buonumore. Sono quasi sempre allegro. Ma il mio buonumore non è indice di leggerezza.

Cosa consiglieresti a un ragazzo che vuole diventare musicista o artista?

L'importante, secondo me, è non pensare subito al guadagno, al lavoro, alla promozione dei dischi, agli uffici stampa e alle conoscenze. Sono cose che arrivano dopo. Quelli dell'adolescenza sono gli anni nei quali, davvero, si possono passare pomeriggi interi a suonare o a esercitarsi. Cosa che io, oggi, non posso fare più. Suono tutti i giorni facendo concerti, ma il resto del tempo o viaggio o sto a parlare di musica. Non ho più il tempo di suonare come prima. Questo è l'importante: coltivare la passione negli anni cruciali della propria formazione.

Hai una fissazione?

La mia fissa sono i cataloghi: adoro mettere in ordine alfabetico, di pubblicazione, di altezza e colore libri e cd. Anche se ho sposato una donna piuttosto disordinata (Petra Magoni, ndr).

Quale suoneria usi per il cellulare?

Tengo sempre la vibrazione: non voglio disturbare le altre persone.

Il tuo piatto preferito?

Gnocchi al pomodoro.

La tua musica preferita di sempre?

Rapsodia in blu di Gerswhin. Mentre il primo cd che ho comprato di cui ho memoria è Nigeria Market Place, nel 1982.


"A sei anni vuole diventare cantante e così, per accompagnare la sua voce, Stefano Bollani inizia a suonare la tastiera che trova in casa. Pochi anni dopo incide una cassetta in cui canta e suona, la invia al suo mito, Renato Carosone, e la accompagna con una lettera in cui spiega il suo sogno. Carosone gli risponde consigliandogli di ascoltare tanto blues e jazz e così Bollani fa". Inizia così la storia di Stefano Bollani, che inizialmente suona al piano musica pop. Approda al jazz dopo un mitico incontro con Enrico Rava che, dopo averlo sentito, lo invita a suonare con lui. Alcuni dei suoi dischi più famosi sono Les fleures bleues (2002), Smat smat, (2003), Concertone, (2004) e I Visionari (2006). Ha ideato diversi spettacoli dove musica e divertimento si miscelano – tra questi anche Guarda che luna e Primo Piano insieme alla Banda Osiris– e scritto due libri: "L'America di Renato Carosone" (Elleu, 2004), omaggio alla storia dello swing e del jazz nel nostro paese, "La sindrome di Brontolo" (Baldini & Castoldi, 2006). Tante altre curiosità nel suo sito www.stefanobollani.com.

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