lunedì 14 febbraio 2011

POLITICHE CARCERARIE: LA CAPACITA’ LAVORATIVA DEI DETENUTI DI SOLLICCIANO

I dati scaturiti da un’indagine finanziata dall’Assessorato alle Politiche Sociali della Provincia sulla popolazione carceraria di Firenze: dal titolo di studio alle esperienze lavorative, dagli stage compiuti alla qualifica professionale. L’Assessore al sociale Antonella Coniglio:“Il vero fine del periodo di detenzione è quello di riabilitare le persone per restituirle a pieno titolo alla normale convivenza civile. Fondamentale che le persone escano dal carcere dotate di tutti gli strumenti e delle conoscenze, anche lavorative, capaci di garantirne un pieno reinserimento” 


Uomo, età media 39 anni. Ha già avuto esperienze lavorative, ma da oltre due anni risulta disoccupato. Questi alcuni dei dati emersi dalla ricerca sulla “Capacità lavorativa dei detenuti di Sollicciano”, finanziata dall’Assessorato alle Politiche Sociali della Provincia di Firenze. L’indagine ha preso avvio a metà 2010 ed è stata ideata per progettare al meglio le future politiche carcerarie, per monitorare il livello di formazione, di studio e le capacità lavorative della popolazione detenuta a Sollicciano: dal titolo di studio alle esperienze lavorative già avute, dagli stage compiuti fino alla qualifica professionale. 

Il progetto coinvolge i detenuti con condanna definitiva del carcere di Sollicciano, in totale 500. Fino a oggi sono state compiute 200 interviste, corrispondente al 40% del campione totale. Le interviste già analizzate sono 145: dalle risposte al questionario emergono i dati utili a valutare quali sono i bisogni formativi dei detenuti di Sollicciano. Il tutto in vista dell’organizzazione di specifici “corsi professionalizzanti” e dell’inserimento lavorativo dopo la scarcerazione. 

La ricerca, possibile grazie alle risorse dell’Assessorato alle Politiche Sociali della Provincia, è stata presentata questa mattina in conferenza stampa da Antonella Coniglio, Assessore provinciale alle Politiche Sociali, Maria Pia Giuffrida, Provveditore Regionale della Amministrazione Penitenziaria, Emilio Santoro, Presidente Associazione “L'altro Diritto” e da Giuseppe Caputo, Associazione “L’altro Diritto”, responsabile della ricerca. 

“Quando si parla di carcerati occorre ricordarsi che il vero fine del periodo di detenzione è quello di riabilitare le persone, per restituirli a pieno titolo alla normale convivenza civile – afferma l’Assessore provinciale alle Politiche Sociali, Sicurezza e Politiche della Legalità Antonella Coniglio -. Per far questo occorre che le persone escano dal carcere dotate di tutti gli strumenti e le conoscenze, anche lavorative, capaci di garantirne un pieno reinserimento. Questo studio è quindi essenziale per capire le potenzialità di ogni individuo e quindi valorizzare le sue capacità professionali”. 

La ricerca 
L’identikit. Si tratta di detenuti che hanno condanne relativamente brevi: 64 su 145 hanno un fine pena entro il 2011, 30 entro il 2012, 26 entro il 2013, 6 entro il 2014, 4 entro il 2015, 1 entro il 2016. Questo dato suggerisce che qualsiasi tipo di intervento, sia di tipo formativo che di reinserimento lavorativo vero e proprio, deve essere breve ed intensivo, altrimenti il rischio è quello di avviare percorsi che non arriveranno mai a conclusione. Tra gli intervistati ci sono 135 uomini e 10 donne. Gli stranieri del campione sono 15. 
L’età media degli intervistati è di 39 anni: 50 tra il 21 ed i 35 anni, 82 tra i 36 ed il 50 anni, i restanti tra i 52 ed i 63 anni. Solo 23 su 145 risultano coniugati, 16 sono divorziati, 15 separati e 91 single. Dei 145 intervistati ben 86 risiedono nella provincia di Firenze. 
Per quanto riguarda la formazione professionale, solo 45 su 145 dichiarano di aver assolto l’obbligo formativo, mentre quello scolastico è assolto da 127 su 145. I disoccupati sono 128, mentre 16 affermano di non aver mai svolto un’attività lavorativa regolare. In gran parte si tratta di disoccupati di lungo corso. 
In 63 casi la disoccupazione dura da talmente tanto tempo che non è stato possibile sapere da quando esattamente è iniziata. Per 82 di loro, la durata media della disoccupazione è di 49 mesi. 16 intervistati dichiarano di essere riconosciuti come invalidi: 15 invalidi civili ed 1 invalido del lavoro. 
Le esperienze professionali. 104 su 145 hanno avuto esperienze professionali. I lavori mediamente più svolti sono quelli nel settore dei trasporti (19), dell’edilizia (13), della ristorazione (11). Tra loro anche 5 meccanici, 10 magazzinieri, ma anche 2 imprenditori e molti operai. Nella stragrande maggioranza si tratta di operai comuni. 14 hanno dichiarato di aver lavorato come operai specializzati per conto di artigiani o nell’industria. Nella quasi totalità dei casi le aziende per le quali dichiarano di aver svolto attività lavorativa hanno sede nel tessuto economico fiorentino o comunque in Toscana. 
Solo 28 intervistati erano assunti come lavoratori dipendenti a tempo indeterminato. Tutti gli altri avevano invece contratti non stabili: lavoro interinale, a tempo determinato, lavoro autonomo. La precarietà del lavoro svolto è confermato inoltre dalla durata media del lavoro. In 21 casi gli intervistati hanno dichiarato di aver lavorato in maniera saltuaria e di non essere in grado di ricostruire la durata complessiva del rapporto di lavoro. Nei restanti casi la durata media del rapporto di lavoro svolto prima della carcerazione è stata di 24 mesi. 
Formazione professionale. 83 intervistati dichiarano di aver frequentato corsi di formazione professionale. Nella metà dei casi si tratta di corsi di orientamento di primo livello, di durata annuale, finanziati per lo più da enti locali. Si tratta di corsi delle tipologie più svariate: dal corso di informatica, a quello di barman, da quello per elettricista a quello per conseguire il REC. La durata media dei corsi frequentati è di 4-5 mesi con un tasso di abbandono relativamente alto, considerato che solo 55 su 83 dichiarano di aver completato il percorso di formazione iniziato. Solo in 11 casi al corso è seguito uno stage in azienda. 71 intervistati hanno conoscenze informatiche, nella gran parte dei casi si tratta di conoscenze elementari limitati all’uso di Word o altri programmi di videoscrittura. Soltanto 20 su 145 sanno navigare su internet. Poco più del 50% del campione dichiara di avere la patente: 75 detenuti su 145. 
Oltre alla ricerca sulla capacità lavorativa dei detenuti, sono stati presentati anche i servizi dello “Sportello documenti e tutele” presente a Sollicciano, al Gozzini e al Centro Attavante di Firenze. Un servizio attivo già dal 2004 e inizialmente finanziato da Provincia, Comune di Firenze e Regione Toscana. La rete di Sportelli ha la funzione di garantire ai detenuti l’effettivo godimento del diritto di cittadinanza anche attraverso l’accesso ai diritti sociali. Lo Sportello si incarica di verificare che i detenuti abbiano documenti in corso di validità, nonché di veicolare interventi assistenziali e previdenziali previsti dal vigente sistema di welfare, tra i quali gli assegni familiari, l’indennità di disoccupazione, la pensione d’invalidità o di anzianità. 
L’accesso a queste misure consente che il detenuto, al momento della scarcerazione, possa contare su una disponibilità economica minima e che non dipenda soltanto dalle risorse del welfare locale. Il detenuto o l’ex-detenuto che ha accesso alle prestazioni previdenziali ha una “dote” economica che non deriva da un’elargizione assistenziale degli enti locali, ma dal lavoro penitenziario, quello che cioè che i detenuti svolgono all’interno del carcere: manutenzione dell’edificio, pulizia dei locali del carcere, lavori manuali. Tutti i lavori che possono servire al buon andamento della vita carceraria. Si tratta di lavori precari e saltuari, che danno diritto a remunerazioni bassissime e, di conseguenza, anche a cifre minime di indennità di disoccupazione, che però possono servire ad alleviare la povertà dei detenuti e delle loro famiglie, seppure in minima parte. A titolo esemplificativo, un detenuto lavorante riceve mediamente 300 euro all’anno (ossia 15 euro al mese) come indennità di disoccupazione. I carcerati che svolgono un lavoro penitenziario all’interno di Sollicciano sono ogni anno 200-250.

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