sabato 18 marzo 2006

Il mistero di San Pietro in Castro Nessuno lo rivendica. E cade a pezzi.

Il mistero di San Pietro in Castro Nessuno lo rivendica. E cade a pezzi

La cappella nel cuore di Monterappoli di cui esistono tracce già nel Quattrocento è diventata il rifugio di piccioni e animali

EMPOLI. Continua il viaggio del Tirreno alla scoperta dell’arte dimenticata, anzi abbandonata, delle piccole chiese di campagna, delle cappelle sconsacrate, di vecchie ruderi in mezzo ai campi tra Francigena e Volterrana, tra i boschi battuti dai Medici durante la caccia e antiche mura costruite ai tempi di Boccaccio e ora diventate brandelli di pietre. Il viaggio stavolta si ferma all’oratorio di San Pietro in Castro, a Monterappoli. «È diventato una piccionaia, non sappiamo chi dovrebbe farne la manutenzione», è stata la segnalazione arrivata al giornale da parte di Anna Castellacci, insegnante elementare che ha a cuore i beni artistici e culturali dell’Empolese Valdelsa. «Le tegole stanno cascando e l’esterno è rovinato, con le pareti che franano, ogni giorno sempre di più».
Invasa dai piccioni, decadente all’esterno, vuota all’interno: l’oratorio di San Pietro in Castro sembra veramente chiedere aiuto da ogni suo antico mattone. Il problema è che nessuno sembra volersi accollare la responsabilità di una manutenzione costante: non si capisce chi ne sia il reale proprietario. Cosa frequente quando si tratta di beni artistici e culturali.
I residenti di Monterappoli sostengono sia del Comune: affermazione smentita da Paola Panicci, responsabile dell’ufficio cultura: «Non è di proprietà comunale - dice - anche se in più occasioni ci siamo mobilitati per la pulizia e manutenzione». Lo sottolinea anche Stefania Terreni dell’Archivio storico del Comune quando dice che «dell’oratorio di San Pietro in Castro abbiamo pochissime attestazioni. Sappiamo che era censito nel catasto leopoldino nell’800 e poi abbiamo un riferimento nel catalogo delle chiese empolesi realizzato da Wielfredo Simoni. Ad ogni modo non è del Comune. Forse appartiene agli eredi di Annibale Orlandini, che ne ha fatto il restauro nel 1630».
Un restauro ogni tre secoli: è davvero troppo poco, anche per una piccola struttura che all’interno è completamente vuota, se non fosse per un altare lapideo e una lucerna.
Qualcuno dice che, per passaggi di proprietà e eredità in epoche ormai lontanissime, la chiesetta appartenga a privati cittadini. Ipotesi accreditata anche dalla Soprintendenza ai Beni artistici e storici di Firenze. «L’oratorio di San Pietro in Castro a Monterappoli non compare nei nostri cataloghi - dicono da Firenze - e questo è un problema anche per noi. Se volessimo occuparci della manutenzione, del restauro o del reperimento delle informazioni, dovremmo aver chiaro il nome del proprietario».
Uno dei più classici scarica-barile che, volenti o nolenti, negli anni ha lasciato l’oratorio di San Pietro in Castro in una solitudine che ne ha rivinato l’aspetto, dentro e fuori. «Qualche anno fa il Comune ha messo una rete contro i piccioni - racconta Piero Stabile dell’associazione culturale Il Torrino - ma ormai quegli uccelli sono riusciti a entrarci di nuovo e l’interno è tutto sporco. Sarebbe bello poi che ci fosse un’illuminazione per la notte, lo renderebbe più suggestivo. Noi ci abbiamo messo qualche tempo fa un faretto provvisorio. Ma è ovvio che questo non può bastare».
L’oratorio nei secoli ha fatto parte del castello di Monterappoli - frazione chiamata anche “Monte Rappoli” o “Monte Trappoli” - e si aggiunge alle altre due chiese parrocchiali: S. Giovanni Evangelista e S. Lorenzo. Anche se lì, la messa, nessuno la dice più.
Agnese Fedeli
Il Tirreno, 9 marzo 2006

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