La cappella nel cuore di Monterappoli di cui esistono tracce già nel Quattrocento è diventata il rifugio di piccioni e animali
EMPOLI. Continua il viaggio del Tirreno alla scoperta dell’arte dimenticata, anzi abbandonata, delle piccole chiese di campagna, delle cappelle sconsacrate, di vecchie ruderi in mezzo ai campi tra Francigena e Volterrana, tra i boschi battuti dai Medici durante la caccia e antiche mura costruite ai tempi di Boccaccio e ora diventate brandelli di pietre. Il viaggio stavolta si ferma all’oratorio di San Pietro in Castro, a Monterappoli. «È diventato una piccionaia, non sappiamo chi dovrebbe farne la manutenzione», è stata la segnalazione arrivata al giornale da parte di Anna Castellacci, insegnante elementare che ha a cuore i beni artistici e culturali dell’Empolese Valdelsa. «Le tegole stanno cascando e l’esterno è rovinato, con le pareti che franano, ogni giorno sempre di più».
Invasa dai piccioni, decadente all’esterno, vuota all’interno: l’oratorio di San Pietro in Castro sembra veramente chiedere aiuto da ogni suo antico mattone. Il problema è che nessuno sembra volersi accollare la responsabilità di una manutenzione costante: non si capisce chi ne sia il reale proprietario. Cosa frequente quando si tratta di beni artistici e culturali.
I residenti di Monterappoli sostengono sia del Comune: affermazione smentita da Paola Panicci, responsabile dell’ufficio cultura: «Non è di proprietà comunale - dice - anche se in più occasioni ci siamo mobilitati per la pulizia e manutenzione». Lo sottolinea anche Stefania Terreni dell’Archivio storico del Comune quando dice che «dell’oratorio di San Pietro in Castro abbiamo pochissime attestazioni. Sappiamo che era censito nel catasto leopoldino nell’800 e poi abbiamo un riferimento nel catalogo delle chiese empolesi realizzato da Wielfredo Simoni. Ad ogni modo non è del Comune. Forse appartiene agli eredi di Annibale Orlandini, che ne ha fatto il restauro nel 1630».
Un restauro ogni tre secoli: è davvero troppo poco, anche per una piccola struttura che all’interno è completamente vuota, se non fosse per un altare lapideo e una lucerna.
Qualcuno dice che, per passaggi di proprietà e eredità in epoche ormai lontanissime, la chiesetta appartenga a privati cittadini. Ipotesi accreditata anche dalla Soprintendenza ai Beni artistici e storici di Firenze. «L’oratorio di San Pietro in Castro a Monterappoli non compare nei nostri cataloghi - dicono da Firenze - e questo è un problema anche per noi. Se volessimo occuparci della manutenzione, del restauro o del reperimento delle informazioni, dovremmo aver chiaro il nome del proprietario».
Uno dei più classici scarica-barile che, volenti o nolenti, negli anni ha lasciato l’oratorio di San Pietro in Castro in una solitudine che ne ha rivinato l’aspetto, dentro e fuori. «Qualche anno fa il Comune ha messo una rete contro i piccioni - racconta Piero Stabile dell’associazione culturale Il Torrino - ma ormai quegli uccelli sono riusciti a entrarci di nuovo e l’interno è tutto sporco. Sarebbe bello poi che ci fosse un’illuminazione per la notte, lo renderebbe più suggestivo. Noi ci abbiamo messo qualche tempo fa un faretto provvisorio. Ma è ovvio che questo non può bastare».
L’oratorio nei secoli ha fatto parte del castello di Monterappoli - frazione chiamata anche “Monte Rappoli” o “Monte Trappoli” - e si aggiunge alle altre due chiese parrocchiali: S. Giovanni Evangelista e S. Lorenzo. Anche se lì, la messa, nessuno la dice più.
Agnese FedeliEMPOLI. Continua il viaggio del Tirreno alla scoperta dell’arte dimenticata, anzi abbandonata, delle piccole chiese di campagna, delle cappelle sconsacrate, di vecchie ruderi in mezzo ai campi tra Francigena e Volterrana, tra i boschi battuti dai Medici durante la caccia e antiche mura costruite ai tempi di Boccaccio e ora diventate brandelli di pietre. Il viaggio stavolta si ferma all’oratorio di San Pietro in Castro, a Monterappoli. «È diventato una piccionaia, non sappiamo chi dovrebbe farne la manutenzione», è stata la segnalazione arrivata al giornale da parte di Anna Castellacci, insegnante elementare che ha a cuore i beni artistici e culturali dell’Empolese Valdelsa. «Le tegole stanno cascando e l’esterno è rovinato, con le pareti che franano, ogni giorno sempre di più».
Invasa dai piccioni, decadente all’esterno, vuota all’interno: l’oratorio di San Pietro in Castro sembra veramente chiedere aiuto da ogni suo antico mattone. Il problema è che nessuno sembra volersi accollare la responsabilità di una manutenzione costante: non si capisce chi ne sia il reale proprietario. Cosa frequente quando si tratta di beni artistici e culturali.
I residenti di Monterappoli sostengono sia del Comune: affermazione smentita da Paola Panicci, responsabile dell’ufficio cultura: «Non è di proprietà comunale - dice - anche se in più occasioni ci siamo mobilitati per la pulizia e manutenzione». Lo sottolinea anche Stefania Terreni dell’Archivio storico del Comune quando dice che «dell’oratorio di San Pietro in Castro abbiamo pochissime attestazioni. Sappiamo che era censito nel catasto leopoldino nell’800 e poi abbiamo un riferimento nel catalogo delle chiese empolesi realizzato da Wielfredo Simoni. Ad ogni modo non è del Comune. Forse appartiene agli eredi di Annibale Orlandini, che ne ha fatto il restauro nel 1630».
Un restauro ogni tre secoli: è davvero troppo poco, anche per una piccola struttura che all’interno è completamente vuota, se non fosse per un altare lapideo e una lucerna.
Qualcuno dice che, per passaggi di proprietà e eredità in epoche ormai lontanissime, la chiesetta appartenga a privati cittadini. Ipotesi accreditata anche dalla Soprintendenza ai Beni artistici e storici di Firenze. «L’oratorio di San Pietro in Castro a Monterappoli non compare nei nostri cataloghi - dicono da Firenze - e questo è un problema anche per noi. Se volessimo occuparci della manutenzione, del restauro o del reperimento delle informazioni, dovremmo aver chiaro il nome del proprietario».
Uno dei più classici scarica-barile che, volenti o nolenti, negli anni ha lasciato l’oratorio di San Pietro in Castro in una solitudine che ne ha rivinato l’aspetto, dentro e fuori. «Qualche anno fa il Comune ha messo una rete contro i piccioni - racconta Piero Stabile dell’associazione culturale Il Torrino - ma ormai quegli uccelli sono riusciti a entrarci di nuovo e l’interno è tutto sporco. Sarebbe bello poi che ci fosse un’illuminazione per la notte, lo renderebbe più suggestivo. Noi ci abbiamo messo qualche tempo fa un faretto provvisorio. Ma è ovvio che questo non può bastare».
L’oratorio nei secoli ha fatto parte del castello di Monterappoli - frazione chiamata anche “Monte Rappoli” o “Monte Trappoli” - e si aggiunge alle altre due chiese parrocchiali: S. Giovanni Evangelista e S. Lorenzo. Anche se lì, la messa, nessuno la dice più.
Il Tirreno, 9 marzo 2006
Nessun commento:
Posta un commento